<<I contenuti costruttivi – ricorda lo storico dell’arte Alfonso Garuti –evidenziando paramenti murari in mattoni, decori in terracotta, fregi dipinti, rispondevano a un lessico costruttivo neorinascimentale di aderente accademicità sugli esempi antichi>>.
Il progettista parte dalla parte a mezzogiorno, terminata nel 1892: <<il lungo corpo orizzontale a due piani si affacciava sulla recinzione murata del museo. Le finestre inferiori si presentavano ad arco ribassato, le superiori, rettangolari, sono comprese in cimasa ad arco a tutto sesto che forma, con il sottodavanzale, un continuo ritmo verticale. Il modello a nicchia è quello divulgato da Cesare Costa, imposto sui valori della rinascenza, proposto ripetutamente nella progettazione di Sammarini>> (A. Garuti, 1995). I lavori proseguono a ritmo serrato e nel 1893 si realizza la grandiosa facciata posta a fronte della chiesa di San Francesco: <<l’effetto di monumentalità si associa al calibrato rapporto di simmetria e di proporzioni tra i vuoti delle aperture e i pieni dell’accuratissimo trattamento murario a mattoni stuccati, la presenza dell’ornamentazione e l’uso del materiale che unifica contrasti ed effetti cromatici e chiaroscurali, tra il mattone, le terracotte, il marmo e l’intonaco, un tempo dipinto>>. Grande raffinatezza, dunque, e un ritmo calibratissimo che intercorre tra le finestre, in parte riprese dallo stile di Cesare Costa, i due portoni e il balcone aggettante con finestra dalla bifora pensile.
<<Particolari di accorato fraseggio progettuale completano l’edificio. Il raccordo tra il flettersi verticale delle alte finestre del piano nobile e la stessa allungata orizzontalità della facciata, è reso dalla presenza nei sottodavanzali di pseudo balconcini a filo di muro, formati da semicolonne, che continuano idealmente nel reale prolungarsi nello spazio dei due grandi balconi >>.
Entrando nell’ampio cortile interno si incontra ben presto il maestoso scalone, in stile neo tardo barocco, affiancato da modanature illusionistiche, che introduce al grande salone del piano nobile con <<particolari di arredo appositamente disegnati, come le incorniciature lignee delle porte o il grandioso camino marmoreo dell’attiguo salotto ispirato a motivi del tardo ‘500 >>.
Tra 1893 e 1895 vengono realizzati gli apparati decorativi interni, assegnabili alle mani di artisti carpigiani e modenesi come Lelio Rossi (1844-1907), Fermo Forti (1839-1911), Andrea Becchi (1849-1926) e Carlo Grossi (1857-1931). Quest’ultimo nel 1894-95 esegue le tele del “Salotto rosa” raffiguranti le “Fasi del giorno” come figure femminili che danzano avvolte nei fiori, in un clima romanticamente simbolista legata al sogno e alla danza. Il tutto intriso in un clima liberty evidente soprattutto negli elementi secondari – nastri, vele, capigliature delle figure – rese con pennellate lievi e cangianti, cromaticamente brillanti e richiamanti un innocuo erotismo.
Il soffitto dell’ampia sala è attribuibile a Rossi ed è legato a stilemi geometrici negati al tardo neoclassicismo con grottesche richiamanti i moduli di ripresa reorinascimentali. Sempre del medesimo Grossi risultano invece essere i pannelli con i quattro elementi posti sul soffitto della sala del camino, mentre riferibile al Forti è la restante decorazione.
Completato il percorso museale e tornando al piano terra sarà poi possibile visitare un piccolo bagno ninfeo decorato con un paesaggio verde e montagnoso di sapore esotico, forse legato all’Africa e alle imprese coloniali a cavallo tra Otto e Novecento.